sabato 3 gennaio 2015
Museo storico della Liberazione
Il Museo storico della Liberazione, sito in via Tasso 145 (vicono all'uscita della Metro Manzoni), ha per fine quello di assicurare al patrimonio storico nazionale la più completa e ordinata documentazione degli eventi storici nei quali si concentrò e si svolse la lotta di liberazione di Roma, dall'8 settembre 1943 al 4 giugno 1944.
Secondo il direttore Giuseppe Mogavero, che ha risposto gentilmente alle nostre domande, la parola Museo in questo caso è deviante. Un Museo infatti è un semplice luogo di esposizione. In questo caso invece è un luogo storico che ha anche una serie di oggetti, di pannelli che illustrano, ma che fondamentalmente è un carcere nazista. Il palazzo, diviso in due, tra il civico 155 e 145, era sede degli uffici dell'ambasciata di Germania, una depandance, ma dopo la cosìddetta battaglia di porta San Paolo, l'8-10 settembre '43, quando i tedeschi presero possesso della città di Roma, venne scelto come sede del comando del Sichereitdienst (SD servizio di sicurezza) e della Sicherheidienst polizei (SIPO, polizia di sicurezza) e carcere di transito, sotto il comando del ten. Col. Herbert Kappler. (il comando delle SS della Ghestapo al civico 155 e al 145 il carcere di transito).
Non era luogo di detenzione perchè nella città di Roma occupata dalle truppe naziste c'era l'istituzione del tribunale militare tedesco che condannava quelli che venivano interrogati a x anni di reclusione da scontare nel carcere di detenzione, cioè Regina Coeli. Rebibbia era in costruzione. Questo qui invece era un luogo dove si veniva trasportati soprattutto dai collaborazionisti fascisti, perchè i tedeschi erano gli occupanti, e si avvalevano dei delatori, delle spie all'interno delle formazioni partigiane che nel frattempo si erano formate dopo il 10 settembre '43 e quindi con queste operavano per portare qui coloro che dovevano essere interrogati (sottoposti a turture) e poi destinati al carcere o deportati o giustiziati o rilasciati a seconda delle circistanze.
Un esempio di ciò che avveniva lo ritroviamo nel film Roma città aperta girato da Rossellini nel 1945. Qui infatti vi era don Pappagallo, uno dei due preti protagonisti, che nella prima parte del film ospitava nella sua sacrestia ebrei, rifugiati militari, politici. Si presentò un giorno un tenente che chiedeva di essere accolto perchè lo stavano cercando e invece era una spia che a un segnale consentì ai tedeschi di arrestare don Pappagallo che venne poi ucciso alle Fosse Ardeatine. E così avvenne per l'altro secondo prete don Morosini che venne tradito da uno che chiese ospitalità e invece era un delatore. Don Morosini venne fucilato a Forte Bravetta. Quindi Roma città aperta si ricollega in questo modo alla realtà e ogni scena è l'espressione di eventi o di persone passate per questo edificio di via Tasso.
Riguardo alla trasformazione dell'edificio in Museo, questa avvenne con la vera e propria costituzione nel 1957 (formalizzata nella Gazzetta Ufficiale). Una volta arrivati gli alleati il 4 giugno '44, questo luogo venne liberato in senso anche materiale dalla presenza dei prigionieri, divenne un luogo libero. La proprietaria dell'intero immobile, la Principessa Jopsepha Ruspoli Savorgnan di Brazzà, la stessa che l'aveva affittata all'ambasciata tedesca negli anni '30 (era filo nazista, filo fascista) stentò per anni a riprendersi questo complesso, perchè era stato assaltato, occupato dagli sfollati. Per cui solamente negli anni '53 '54 riuscì a ritornare in possesso di tutto questo doppio complesso e donò allo Stato con atto formale 4 appartamenti per farne Museo Storico della Lotta di Liberazione di Roma. Ma venne subito chiuso, era infatti nudo.
Poi quando passò alla Direzione di un professore di archivistica di Modena, Stendardo, costui con l'aiuto di Enrico Paladini, uno dei sopravvissuti di via Tasso, (quest'ultimo si salvò dopo il 4 giugno perchè venne caricato su un camion per partire con gli altri, però il camion venne riportato indietro; un altro camion andò invece a La Storta e lì furono uccisi in 14 tra cui Bruno Buozzi, grande sindacalista socialista) cominciarono a passar parola. Chiesero in giro ai familiari dei caduti alle Fosse Ardeatine. Si trattava di persone anziane, che avevano avuto il figlio, il fratello, lo zio morti nella strage e quindi in loro il lutto ancora era vivo, e allora fecero donazioni al museo.
E così si comincia a creare l'allestimento e questo continua a essere arricchito.
Ad esempio la scuola Mameli ha donato l'albero della memoria le cui radici poggiano sulle istituzioni romane.
L'anno scorso il nipote di una vittima delle Fosse Ardeatine ha donato l'orologio caduto a quest'ultimo e che cadendo si è spezzato e si è fermato alle 17,20, ora della morte. Sempre recentemente sono stati recuperati dei timbri falsi che servivano per falsificare documenti, soprattutto le tessere annonarie che servivano per riuscire ad avere più razioni di pane.
Un poco alla volta ci sono gli arricchimenti dal punto di vista dei libri, dei documenti. Vi sono i fondi librari Mogavero, Baldinotti e Parisella. Per i documenti il Fondo Corvisieri, il Fondo Fiorentini (capo partigiano), quest'ultimo anche per audio e video.
In particolrare poi c'è il Fondo Dosi, che fu colui che dopo la guerra divenne l'inventore dell'Interpol. Dalla sua famiglia sono stati donati due armadi di documenti e ora è stata allestita per volere di una commissione del ministero dei beni culturali una sala (inivisile) con uno scanner professionale per scannerizzare tali documenti (memoriali, disposizioni, cose desegretarizzate).
Il Museo ha collezionato un'ampia raccolta di giornali clandestini e non, comunicati, manifesti di propaganda, reperiti sempre tramite donazioni, o comprati, raccolti all'interno di cassettoni al secondo piano e illustrati parzialmente nel libro “Messi al muro”. Inoltre è stato allestito un laboratorio informatico e audiovisivo con oltre 400 registrazioni originali e 220 commerciali.
Naturalmente moltissimi sono anche i cimeli, tra cui bandiere originali di formazioni partigiane e grande è la raccolta di fotografie. Presenti anche opere d'arte tra cui quelle di Chagall.
Dunque si può dire che vi è una continua trasformazione.
Il Museo è un ente pubblico, c'è un direttivo, una struttura gerarchica.
C'è il presidente, una vice presidente, il segretario generale e un contabile. Poi ci sono 25 ex professori di liceo in pensione che si alternano nelle lezioni agli studenti.
Le scuole che vogliono far visita al Museo fanno la prenotazione sul sito, indicano il numero di alunni e l'addetta concorda la data. I professori fanno da guida, dopo aver frequentato un corso propedeutico.
Il dott. Mogavero ha tenuto lui stesso un corso a 55 professori di licei artistici, scientifici e classici sulla resistenza romana, perchè a loro volta dovevano trasferire questi concetti alla loro scolaresca, in modo tale che elaborassero un lavoro congeniale al tipo di scuola. Un liceo artistoco ha fatto un opera, un elaborato che verrà esposto. Una volta si usava con la giunta Veltroni di fare il 4 giugno al Vittoriano il percorso della memoria. Cioè tutte queste scuole, erano 55, esponevano una loro realizzazione.
Oltre alle celle nell'edificio vi sono altre importanti sale espositive. Tra queste vi è un primo piano che è dedicato all'esposizione di quello che è stata la storia di Roma attraverso i bombardamenti, la fame, i sacrifici, i luoghi di detenzione, di tortura, in modo tale da creare nei visitatori la percezione di ciò che fu e far capire in quale clima è stato costituito il carcere.
Un' altra eposizione illustra invece i momenti della Resistenza non solo di Roma, ma di tutto il Lazio.
Poi ci sono il secondo e il terzo piano, che sono gli appartamenti donati, in cui vi sono le celle così come erano o meglio ancora adattate, perchè dopo che sono andati via gli sfollati, il prof Stendardo insieme con Paladini hanno cercato di riportare i luoghi secondo l'origine. Per esempio mancava un parato dell'epoca e l'hanno fatto mettere. Il ministero dei beni culturali direzione generale delle biblioteche ed archivi controlla per quel che riguarda il rispetto delle norme di mantenimento del luogo come tale.
C'è infine un altro appartamento nel piano terra che sta per essere donato.
Prima erano 4 appartamenti e ora se ne sono aggiunti altri 3 per una metratura complessiva di 444mq.
In tutto nel carcere, composto di circa trenta celle, furono detenuti 2000 uomini e 300 donne.
Nelle celle vi sono esposte memorie e raccolte di documentazioni (bandi, avvisi, prime pagine di giornali, manifesti, schede carcerarie). Ad esempio in una cella, al secondo piano, vi sono raccolte le memorie dei 335 italiani uccisi alle Fosse Ardeatine il 24 marzo 1944 con alcuni cimeli. Un'altra è a memoria dei fucilati a Forte Bravetta. In un'altra ancora venne rinchiuso il capo del Fronte militare clandestino della Resistenza, Giuseppe Cordero di Montezemolo. E così via...
Riguardo agli appartamenti bisogna considerare che quando i proprietari mettono in vendita c'è il diritto di prelazione dello Stato e il Museo è un Ente autonomo del Ministero dei Beni Culturali quindi è sottoposto al Demanio statale. Quindi mentre prima erano solo due appartamenti, nel corso degli anni uno dietro l'altro si sono aggiunti al terzo piano dove è stata creata la parte uffici e nella sala grande l'omaggio agli ebrei romani, con una esposizione multimediale che ne ricostruisce le vicende dalla persecuzione alla deportazione.
Qui in particolare ci sono 2 dipinti di Georges de Canino, rappresentanti idealmente Franco Cesana (caduto in combattimento) e Settimia Spizzichino, deportata e supersite (l'unica della sua famiglia) e sottoposta poi ad esperimenti dai nazisti. A quest'ultima è dedicato il ponte della Garbatella, perchè una volta tornata a Roma volle vivere alla Garbatella.
La documentazione della sala degli ebrei è stata fatta dalla comunità ebraica romana insieme con la Shoah Foundation di Los Angeles. Quindi in particolare questo allestimento è per opera loro.
Interessante è l'iniziativa della la posa delle pietre d'inciampo. Si tratta di quadrati di ottone messi davanti alle abitazioni dei deportati sia ebrei che politici. Sopra di essi è scritto nome, cognome, data di nascita, data di arresto e luogo di deportazione. Ma oltre a indicare il percorso delle persone le pietre hanno un doppio senso di marcia, rappresentando un ritorno ideale verso casa. In particolare vi è un'associazione che si occupa di questa iniziativa che sta ricordando specificatamente i 300 ebrei romani deportati il 4 gennaio del '44 da Regina Coeli alla Stazione Tiburtina e lì fatti partire per la Germania.
Il Museo è incluso nel Portale dei Memoriali del Memoriale dello stermino degli ebrei d'Europa e inoltre ha fatto parte del Coordinamento internazionale Sites of the Conscience, i luoghi della coscienza, un'organizzazione statunitense con sede a New York che segue le iniziative dei luoghi di tortura, dove c'è la discriminazione..
Il Museo si sostiene con un contributo statale fisso, proprio in base alla legge istitutiva. A questo si aggiungono i contributi di altri enti locali, come il Comune e la Regione.
Con il contributo il Museo cerca di aiutare alcuni giovani nello sviluppare delle ricerche, ma devono essere giovani che devono avere certe caratteristiche culturali abbastanza alte (laureati), come richiesto dalle normative.
Sono presenti diversi collaboratori tutti volontari con contributo occasionale. La stessa biblioteca è retta da una persona volontaria.
Per ora il Museo non ha un'associazione ma c'è l'idea di creare un'associazione Amici di via Tasso.
Vi sono sostenitori privati, ma riguardo ai maggiori contributi, questi derivano dalle lezioni che vengono fatte agli studenti prima di fare la visita guidata. Ciò che viene richiesto è che i professori abbiano già raccontato la seconda guerra mondiale. Per esempio non si accettano prenotazioni di quinta elementare. Minimo che si richiede è la terza media. Le classi interessate mandano anche degli elaborati.
Il Museo inoltre è stato sede di svolgimento del Servizio Civile Internazionale. Sono venute delle persone dal Portogallo, dalla Spagna, dal Brasile e hanno fatto una traduzione parziale degli allestimenti. Poi sono stati accolti due ragazzi di Capodarco il primo dei quali si è fermato 2 anni. Il secondo, autistico, ha fatto una bozza di archivio dei cimeli.
Il Museo fa anche attività di pubblicizzazione, cioè produzione libraria. Il dott. Mogavero e il presidente Antonio Parisella hanno scritto una storia, “Memorie di quartiere. Frammenti di storia di guerra e di resistenza nell'Appio latino e tuscolano '43 '44”. (VII Municipio, ex IX), mettendo i luoghi, le istituzioni dell'epoca, le palestre fasciste, le scuole, le parrocchie, gli istituti religiosi, i campi sportivi, il dramma della guerra, dei bombardamenti, delle vittime, l'accoglienza agli ebrei nelle famiglie. Tutte interviste fatte e raccolte nel volume.
Avendo il finanziamento destinato esclusivamente per realizzare un'opera e questa è stata realizzata cercando di aiutare alcuni giovani. Ad esempio un ragazzo che lavora all'Archivio di Stato di via Galla Placidia, che aveva la possibilità dell'accesso in loco di tutti i documenti post bellum, per quel che riguarda i processi ai fascisti. Per cui la storia della resistenza vista attraverso le testimonianze in funzione dei processi successivi.
Dopo la guerra sono stati fatti i processi contro gerarchi, collaborazionisti e c'era la difesa e la pubblica accusa, i testimoni che raccontavano e questi racconti portavano a capire il caduto delle Fosse Ardeatine, la sua storia, le sue origini, educazione scolastica, frequentazioni, cioè tutto un passaggio che consentiva poi di creare la totalità della persona in funzione dei processi.
Nei processi dunque si trovavano materiali utili per identificare le persone.
Il volume è stato fatto nel 2007 ed è stato presentato alle biblioteche scolastiche. Ci sono voluti 2 anni di duro lavoro, anche dover intervistare le persone, ricostruire la cronologia degli eventi nel quartiere, che non è semplice. Il secondo bombardamento di Roma del 13 agosto che ha coinvolto villa Fiorelli, piazza Lodi, via casilina, è raccontato nella mappa..
Adesso esce un volume per quel che riguarda una biografia fatta dal dott. Mogavero su un ebanista che da Chieti va a finire in Dalmazia e poi torna a Roma dove fa attività politica e viene ucciso alle Fosse Ardeatine. Otello di Peppe, del Trionfale.
Questa è l'attività extra museo.
Attualmente grazie a un altro contributo del ministero dei beni culturali si lavorerà su l'identificazione dei graffiti dei prigionieri nelle 2 celle di segregazione. Si tratta di circa 350 segni, che verranno selezionati e verranno aggiunte le didascalie e tutto ciò sarà visibile tramite un touch screen. Al terzo piano vi sarà quindi questa istallazione e i visitatori sfogliano e si vedono passare parete per parete i graffiti dei prigionieri con la didascalia sotto.
Le celle di segregazione erano di m 1x2,5, senza finestre e senza luce e sulle pareti i rinchiusi incisero dei graffiti. Più frequente veniva inciso un calendario fatto di stanghette, per non perdere la concezione del tempo. Vi sono tra le altre invocazioni religiose, indicazioni su spie e traditori, motti patriottici...e anche delle immagini. Particolare è l'immagine di un coniglio con la scritta “attenti” che metteva in guardia verso quella persona che portava quel soprannome
Il Museo è visitato tra l'altro da reduci, parenti, membri di associazioni combattentistiche sia del resto d'Italia che dall'estero.
Per accogliere gli stranieri in ogni stanza sono state messe schede tematiche in inglese.
Un altro progetto che verrà attuato saranno le audio guide in inglese, tedesco, francese e italiano che aiuteranno i visitatori a comprendere meglio cioò che vedono.
Ringraziamo il dott. Mogavero per il tempo concessoci e per averci accompagnato nella visita al Museo e ricordiamo che per chi fosse interessato può visitare il sito web del Museo, all'indirizzo www.museoliberazione.it
L'ingresso è gratuito. L'orario è da martedi a domenica 9,30-12,30 e martedi, giovedi, venerdi 15,30-19,30. Lunedi chiuso.
Qui di seguito la nostra galleria fotografica.
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